Central Park: il luogo che non puoi fare a meno di vivere

Nel tempo libero, shopping e parchi newyorkesi sono un eccellente ristoro.

Central Park poi è il più grande e il più famoso, il luogo che non puoi fare a meno di vivere, da abitante o da turista.

Del resto io adoro camminare nello spazio delle contaminazioni, tra natura, umanità, opere dell’ingegno, evasione. Trovo fantastici gli spazi animati da mille differenze, mille stimoli, mille promesse. Mi offrono sempre sublimi suggestioni. Posso fare chilometri o sedermi su una panchina, fermarmi rapita davanti all’arte di strada o perdermi con lo sguardo nella vegetazione. Ne godo i momenti e le stagioni, con il loro divenire, i colori e le atmosfere che cambiano.

Entro nelle loro pieghe, lascio che tutto ciò che c’è dentro mi sussurri qualcosa.

Emozioni, ricordi, riflessioni, idee.

E di Central Park amo quella confusione lieta, leggera: la stimolante libertà di interpretarlo in un’infinità di modi, di non riuscire ad abbracciarlo tutto e di trovare ogni volta qualcosa di inesplorato.

Il cuore verde di New York è una sosta romantica, una parentesi giocosa, un conforto salutare e anche una fantastica galleria umana tutta da respirare. A Central Park puoi sentirti adulto o bambino, puoi correre, sognare, riposare. Puoi lanciarti in un’avventura o fare amicizia con Alice, il Cappellaio matto, il Bianconiglio.

Certe volte le gambe e i pensieri hanno bisogno di un parco come Central Park: devono poter scegliere di stare fermi o muoversi, senza tempo e senza direzioni… io lo chiamo STATO DI BEATITUDINE CREATIVA.

I passi, il sole, il vento, i profumi, il brusio, le immagini: tutto assorbe e distrae e io mi spoglio delle inquietudini.

Mettere in stand by le lancette dell’orologio e i programmi, ascoltare i richiami dell’istinto, elaborare gli impulsi e le sollecitazioni senza forzature, è un po’ come mettere in carica le batterie!

Anche se fa freddo e i denti battono, mi stringo nel cappotto e sorrido.

Ne esco rigenerata, con nuove idee per la testa e l’entusiasmo di rituffarmi nell’indaffarata Manhattan.

                                                                                                             

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